Noi credevamo

Noi credevamo
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È il 1883. Chiuso nella sua casa torinese, l´ormai settantenne don Domenico Lopresti. gentiluomo calabrese di incrollabile credo repubblicano, inizia a scrivere le proprie memorie, ripercorrendo l´attività politica clandestina, i dodici anni trascorsi nelle carceri borboniche, l´impresa dei Mille vissuta a fianco di Garibaldi, infine l´impiego presso le dogane del Regno unitario. Scrive con rabbia, di nascosto, quasi se ne vergognasse, spinto dalla necessità di frugare nel proprio passato per "rovesciarsi come un guanto": ne trae amarezza e disillusione. Antimonarchico, assiste al crollo dei suoi ideali risorgimentali e si abbandona ai ricordi di una vita raminga fitta di amicizie, tradimenti, speranze e delusioni: una vicissitudine umana di grande fascino che si fonde con le vicende di tutta una nazione dall´inizio dell´Ottocento ai primi anni del governo unitario, dando vita a un grandioso affresco tratteggiato con prosa compatta dalla leggera mimesi ottocentesca.